Trattamento della gonartrosi mediale

Nove Anni di Esperienza nel Trattamento della Gonartrosi Mediale con Emicompattotomia e Fissatore Esterno

Spotorno L.; Romagnoli S.; Ivaldo N. ; Grappiolo G. and Bibbiani E.: Nove Anni di Esperienza nel Trattamento della Gonartrosi Mediale con Emicompattotomia e Fissatore Esterno. Minerva Ortop. Traumatol., 44 (3): 121-5, 1993.

INTRODUZIONE

La gonartrosi mediale è la risultante di un insieme di alterazioni morfofunzionali che interessano, nella fase iniziale, la struttura osteocartilaginea articolare ma che, in un secondo momento, determinano lesioni complesse dell’apparato legamentoso unitamente a difetti ossei anche rilevanti prevalentemente a carico dell’emipiatto tibiale mediale.

Lo schema seguente rappresenta una proposta di classificazione che prevede una suddivisione della gonartrosi mediale in quattro stadi:

  • Stadio 1:restringimento della rima articolare (fig. 1)
  • Stadio 2:scomparsa della rima articolari
    insufficienza relativa (da difetto osteocartilagineo) dell’apparato legamentoso mediale (fig.2)
  • Stadio 3:difetto postero mediale del piatto tibiale
    insufficienza relativa L.C.A.- P.A.P.E.
    disallineamento apparato estensore
    deformità da gonartrosi rotatoria (fig. 3)
  • Stadio 4:  tutte le lesioni dello stadio 3 in forma più grave con L.C.A. assente( fig.4)

La proposta di classificazione precedentemente descritta consente di differenziare nell’ambito della gonartrosi mediale due condizioni di differente gravità. Gli elementi discriminanti sono dati dalla integrità o meno del pivot centrale e dall’instaurarsi dell’instabilità rotatoria (artrosi rotatoria).

Talvolta le comuni valutazioni radiografiche non consentono di discriminare l’entità delle componenti statica e dinamica rotatoria della degenerazione gonartrosica. Questo spiegerebbe come talvolta ad un immagine radiografica che dimosta una degenerazione limitata possa fare riscontro una sintomatologia clinica importante.

Riteniamo che la presenza di tale condizione costituisca di per sé il limite all’indicazione del trattamento mediante osteotomia correttiva.

Proponiamo pertanto la soluzione conservativa (osteotomia o meglio emicompattotomia tibiale mediale) nello stadio 1 e quella sostitutiva (protesi monocompartimentale o totale) negli stadi 3-4.

Nello stadio 2 possono trovare spazio entrambe le soluzioni, in quanto la succitata classificazione potrà essere integrata dalla valutazione di elementi di ordine generale (età, obesità, attività svolta).

Gli interventi di osteotomia comunemente effettuati nel trattamento della gonartrosi mediale sono i seguenti:

  • osteotomie di sottrazione laterale
  • semplici (osteosintesi con cambre o lama placca)
  • con effetto Maquet (anteposizione tuberosità tibiale),
    (osteosintesi con cambre + vite)
  • osteotomie di addizione mediale (intra-extralegamentose)
    prevedono l’utilizzo di un trapianto e l’osteosintesi
    con cambre + lama placca
  • osteotomie curviplane (con fissatore esterno)
  • emicompattotomia tibiale mediale (con fissatore esterno).

Sulla base delle esperienze precedenti con altri tipi di osteotomie valgizzanti abbiamo messo a punto, a partire dal 1983, l’intervento di emicompattotomia tibiale mediale associata all’applicazione di fissatore esterno.

TECNICA CHIRURGICA

L’intervento viene eseguito con l’aiuto dell’apparecchio ad intensificazione di immagine.

Lo strumentario specifico è semplice: oltre al fissatore esterno (preferibilmente con morsetto prossimale a T) sono necessarie fiches per osso spongioso e corticale di varie lunghezze, un osteotomo a manico piuttosto lungo e superfice di taglio di circa 1 cm di larghezza.

Procedimento: sotto visione in scopia si introduce la prima fiche prossimale (per osso spongioso) con direzione leggermente obliqua in direzione prossimale e laterale (10° – 15°).

Il punto di introduzione deve essere prossimale rispetto alla tuberosità tibiale. Si procede quindi al posizionamento del fissatore esterno con morsetto prossimale angolato rispetto al corpo, in maniera analoga a quanto descritto per il posizionamento della fiche prossimale.

Il morsetto distale deve invece essere coassiale rispetto al corpo del fissatore.

Si completa la messa in posa del fissatore con l’introduzione delle due fiches distali (per osso corticale) e della seconda prossimale.

La distanza del corpo del fissatore dalla cute deve essere tale da consentire le medicazioni anche in previsione dell’edema post-chirurgico. Si effettua quindi una piccola incisione longitudinale (2 cm.) medialmente alla tuberosità tibiale e si procede all’emicompattotomia che và effettuata perpendicolarmente all’asse tibiale.

Idealmente la linea di osteotomia dovrebbe interrompere soltanto la corticale mediale e i margini anteriore e mediale della metafisi.

Qualora i margini non vengano interrotti la correzione sarà difficilmente ottenibile. Per contro una compattotomia più ampia espone al rischio di una consolidazione più tardiva.

Infine si effettua la distrazione del fissatore che viene controllata sia sotto visione scopica che con la valutazione dell’asse femoro-tibiale. (fig. 5)

Infine il fissatore viene riportato nella posizione iniziale o meglio in modica tensione.

Trattamento post operatorio: la deambulazione con carico viene concessa già a partire dalla prima giornata. In quarta giornata si inizia la distrazione (un giro completo di vite al giorno corrispondente a circa 1 mm.) che si realizza nell’arco di 8-15 giorni.

A correzione ottenuta il cursore viene bloccato. La consolidazione completa si verifica in media verso la 50^-60^ giornata. E’ preferibile ottenere una ipercorrezione di 4°-6° in quanto a rimozione del fissatore alcuni gradi di valgismo vengono generalmente perduti. Al termine del trattamento consigliamo al paziente una calzatura dotata di speronatura valgizzante.

RISULTATI

Sono stati sottoposti ad esame clinico e radiografico 52 pazienti sottoposti ad intervento di emicompattotomia mediale +fissatore esterno con follow-up di 6-8 anni (F.U. medio 82 mesi). In base all’indicazione pre-operatoria, 18 casi appartenevano allo stadio 1, secondo la classificazione precedentemente indicata, 25 allo stadio 2, 9 allo stadio 3. Come si può vedere nella prima fase della nostra esperienza, le indicazioni erano più estese di quanto non avvenga attualmente.

Complicanze: le complicanze post-operatorie erano rappresentate da:

  • tromboflebiti: 2 casi
  • sepsi localizzata a livello delle fiches: 1 caso (trattato con  rimozione del fissatore esterno e immobilizzazione in ginocchiera gessata)

In un caso in cui era stata effettuata una emicompattotomia incompleta si è provveduto a revisione chirurgica dopo una settimana.

Al momento del controllo quattro dei cinquantadue pazienti esaminati erano già stati sottoposti ad intervento di artroprotesi (3 protesi: 2 monocompartimentali e 1 totale), e sono stati  perciò inclusi nel gruppo dei risultati cattivi.

In base ai parametri di valutazione clinica proposti da Insall 7 casi (13,5%) possono essere considerati risultati ottimi, 18 (34,5%) buoni, 20 (38,5%) mediocri, 7 (13,5%) cattivi.

Le seguenti tabelle riassumo i risultati ottenuti con le osteotomie tibiali tradizionali da altri autori.

MAQUET F.U. 5-10 anni

  • ottimi:19,4%
  • buoni:52,9%
  • mediocri:7,0%
  • cattivi:20,7%

BROUGHTON-NEWMAN-BAYL F.U.5-10 anni

  • buoni:43,0%
  • mediocri:22,0%
  • cattivi:35,0%

DISCUSSIONE

Il vantaggio principale dell’emicompattotomia tibiale con fissatore esterno nel trattamento del ginocchio varo artrosico, è legato alla possibilità di effettuare una correzione graduale e programmabile in quanto questa viene ottenuta mediante distrazione progressiva (1 mm. al giorno) che si completa nell’arco di 8-15 giorni. Inoltre la mobilizzazione immediata unitamente alla possibilità di deambulazione con carico già dalla prima giornata annullano il rischio di rigidità articolare e limitano l’ipotrofia muscolare. Il trauma chirugico è modesto con incisione estremamente contenuta (2 cm.) cosa che và tenuta in considerazione specie in riferimento ai soggetti giovani di sesso femminile che si sottopongono all’intervento con finalità di prevenzione o, talvolta, francamente estetiche.

I tempi di ospedalizzazione sono minimi (2 giorni).

I limiti di tale tecnica dal fatto che la correzione è sempre extra-legamentosa ed effettuabile quasi esclusivamente sul piano frontale con impossibilità di ottenere effetti addizionali di re-procurvazione tibiale.

Inoltre, in relazione alla durata, 50-60 giorni e alla gradualità del trattamento, sono necessari controlli clinici e radiografici ripetuti. Và infine ricordato che nella fase iniziale del trattamento la distrazione progressiva può essere causa di dolore di discreta entità.

Controindicazioni: Oltre alla presenza di una deformità rotatoria, già precedentemente messa in rilievo, controindicano questo tipo di trattamento i seguenti elementi:

  • età avanzata
  • varismo maggiore di 20°
  • flexum maggiore di 10°
  • grave artrosi femoro-rotulea
  • varismo con tibia dritta maggiore di 5°

Riteniamo che la qualità dei risultati clinici sia direttamente correlata, oltre che alle indicazioni, all’entità della correzione (ipo-iper correzione.). Da valutare sono inoltre eventuali patologie articolari concomitanti (anca omo/controlaterale, ginocchio controlaterale).

CONCLUSIONI

L’emicompattomia tibiale mediale con fissatore esterno rappresenta una metodica chirurgica che trova indicazione nel trattamento della gonartrosi mediale di stadio 1 e 2 (artrosi non rotatoria). La qualità dei risultati, la limitata invasività, la possibilità di trattamento successivo in caso di degenerazione secondaria rappresentano le caratteristiche salienti di tale tecnica.

BIBLIOGRAFIA

1.    Broughton N.S., Newman J.H. Baily R.A.: “Unicompartmental replacement and high tibial osteotomy for osteoathritis of the knee. A comparative study after 5-10 years’  follow-up” J. Bone Joint Surg (Br) 1986 May, VOL: 68 (3), P: 447-52

2.    Chand, R., Haug, E., and Rim, K.: “Stresses  in the human Knee Joint.” J. Biomechanics 9: 417-422, 1976.

3.    Coventry, M.B.: “Osteotomy of the Upper Portion of the Tibia for Degenerative Arthritis of the Knee: A preliminary Report.”. J. Bone Joint surg. 47-A:984-990,1965

4.    Coventry, M.B.: “Surgical Management of Osteoarthritis of the Knee”. In Cooper, P. (ed): The Craft of Surgery, 2nd ed. vol 3 pp. 1912-1926, Boston Little, Brown, 1971.

5.    Grood, E.S., Noyes, F.R., Butler, D.L., and Suntay, W.J.: “Ligamentous and Capsular Restraints Preventing Straight Medial and Lateral Laxity in Intact Human Cadaver Knees.” J.Bone Joint Surg. 63 A: 1257-1269, 1981.

6.    Insall, J.N. (ed): “Surgery of the Knee”, New York, Churchill Livingstone, 1984.

7.    Insall, J.N. Joseph, D.N., and Msika, C.: “High Tibial Osteotomy for Varus Gonarthrosis: A Long-Term Follow-up Study”. J.Bone Joint Surg. 66 A: 1040-1048, 1984

8.    Maquet, P.G., Vandeberg A. J., and Simonet, J.C.: “Femorotibial Weight-Bearing Areas.” J. Bone Joint Surg. 57A: 766-771, 1975

9.    Maquet, P.G.J.: “Biomechanics of the Knee: With Application to the Pathogenesis and the Surgical Treatment of Osteoarthritis.” New York, Springer-Verlag, 1976.

10.    Spotorno L., Laschi L,.Morasso V.:Nuova metodica per la correzione delle deviazioni assiali femoro-tibiali Minerva Ortopedica 33-1:19-26, 1986.

11.    Surin, V, Markhede, G., and Sundholm, K.: “Factors Influencing Results of High Tibial Osteotomy in Gonarthrosis”. Acta Orthop. Scand. 46:  996-1007, 1975.
FIG. 1    Gonartrosi mediale stadio 1. Riduzione della rima articolare

FIG. 2    Gonartrosi mediale stadio 2. Scomparsa rima articolare

FIG. 3    Gonartrosi mediale stadio 3. Segni di deformità rotatoria con evidente difetto mediale postero interno

FIG. 4    Gonartrosi mediale stadio 4. Evidente sublussazione tibiale da assenza L.C.A.

FIG. 5    Visione intraoperatoria in scopia dopo impianto fissatore esterno.

Ad emicompattotomia mediale completata si distrae il fissatore e si valuta la possibilità di una completa correzione dell’asse.(4°-6° di valgismo).