Le Riprotesizzazioni nei Casi con Grave Difetto di Bone Stock Femorale

Spotorno L.; Morasso V.; Romagnoli S.; Ivaldo N. ; Grappiolo G. and Bibbiani E.: Le Riprotesizzazioni nei Casi con Grave Difetto di Bone Stock Femorale. Atti 89° Congresso S.P.L.L.O.T. , 5, 1993.

INTRODUZIONE

E’ un dato ormai acquisito il costante aumento degli interventi di revisione,16 che nella nostra casistica, in riferimento all’ultimo anno, rappresentano il 27% del totale degli interventi protesici a carico dell’anca. (Fig.1) Questo incremento riconosce almeno due ragioni prioritarie: da un lato la crisi degli impianti cementati a medio e lungo termine, dall’altro l’insuccesso precoce di tutta una serie di impianti non cementati. Il fallimento di questi ultimi é a sua volta determinato da un insieme di fattori quali errori di indicazioni, di tecnica chirurgica e talvolta cattivo funzionamento biomeccanico della protesi stessa.

L’esame della casistica ha messo in luce, tra l’altro, due dati che ci appaiono particolarmente significativi. Innanzi tutto il costante aumento delle revisioni plurime4,17 come evidenzia la tab. I. Altro dato interessante ed inatteso é l’età media dei pazienti che giungono alla revisione: 64 anni (min. 23, max. 88, dev. standard 10,8; mediana 66), ciò significa che il 50% ha un età inferiore ai 66 anni e solo il 10% ha età superiore a 76 anni.(Fig. 2)

Risulta pertanto evidente come il problema della riprotesizzazione sia di estrema importanza e attualità e richieda l’utilizzo di specifiche tecniche e di materiali protesici espressamente progettati per questo tipo di chirurgia. In tema di revisioni, ed in particolare riguardo alle riprotesizzazioni di stelo, la conoscenza dei meccanismi di formazione dei difetti ci consente di perseguire un duplice obiettivo:

  • La prevenzione primaria attraverso la scelta di modelli protesici che, in base alla tecnica chirurgica e alle indicazioni adeguate, consentano la conservazione del patrimonio osseo.
  • La prevenzione secondaria ovvero la revisione precoce di quelle protesi che sono destinate all’insuccesso.

Qualora giungano alla revisione casi in cui il difetto osseo femorale si sia già instaurato, ci pare importante che questo possa essere definito e classificato in funzione del sistema protesico più opportuno per il reimpianto.

CAUSE DI FORMAZIONE DEI DIFETTI

Le molteplici cause che conducono alla formazione del difetto osseo,6,8,10 possono essere così schematizzate:

  • Asportazione di notevole quantità’ d’osso nel corso del precedente impianto.
  • Rimozione indaginosa dello stelo con necessita’ di effettuare ampie resezioni (steli cementati, steli non cementati con superficie a bone ingrowth.)
  • Progressiva espansione della cavità midollare legata a mobilizzazioni non trattate tempestivamente.
  • Formazione di lacune ossee conseguenti a pregressa sepsi o ad osteolisi per debriedement dei materiali protesici.
  • Fratture diafisarie complesse su femori protesizzati

A proposito dei primi due punti abbiamo già ricordato l’importanza della prevenzione primaria; inoltre riteniamo siano da evitare gli steli con superficie macrostrutturata soprattutto in regione medio-distale e la formazione di estesi tappi di cemento al di sotto della “coda” protesica. La tempestività della revisione é parte integrante del progetto terapeutico volto a contenere il deficit osseo; in tal senso si impone una valutazione estremamente accurata soprattutto del quadro radiologico. Siamo orientati verso la revisione precoce in tutti i casi in cui sia prevedibile un evoluzione del quadro radiografico e clinico, specialmente quando vi sia una lunga aspettativa di vita, pur consapevoli che un paziente con situazione clinica “tollerabile” non accetta facilmente il reintervento.
La nostra esperienza indica che, in linea generale, la mobilizzazione di uno stelo non cementato viene diagnosticata più tempestivamente per la precocità dei sintomi clinici e la più agevole interpretazione dei segni radiografici18. Questo aspetto, per quanto influenzi negativamente il risultato del primo impianto, rappresenta un indubbio vantaggio nell’ottica di una revisione in quanto impedisce il determinarsi di gravi difetti ossei.
Lo stesso non si può dire per gli steli cementati, che, in genere, diventano sintomatici in fase di mobilizzazione avanzata e quindi in presenza di difetti ossei spesso assai gravi. La diagnosi radiografica precoce non é agevole perché la demarcazione netta dell’impianto rispetto all’osso si evidenzia tardivamente. Non é inoltre semplice stabilire quando migrazioni di modesta entità rivestano significato patologico.5 Le alterazioni dell’osso periprotesico e le osteolisi sono anch’esse di difficile interpretazione ad esclusione dei casi conclamati.
La fig. 3 tratta dalla nostra casistica é in linea con queste considerazioni. Si nota come il follow up medio dei modelli non cementati al momento del reintervento sia inferiore rispetto a quello dei modelli cementati. Questo dato non é in alcun modo correlabile con la sopravvivenza3 media degli steli, in quanto raccoglie i fallimenti che provengono da casistiche disomogenee. Non si deve pertanto concludere che i risultati siano peggiori con gli steli non cementati. Quando si verifica il fallimento precoce di questi ultimi, lo abbiamo già ricordato, questo riconosce di solito una causa precisa: difetto intrinseco (design, materiali), di indicazione, di tecnica chirurgica.
Ricordiamo ancora come nei meccanismi di mobilizzazione dello stelo e di formazione dei difetti15,20 femorali sia implicato il debris, di qualunque origine, attraverso il fenomeno delle osteolisi.
Alcuni tipi di fratture a carico del femore protesizzato possono essere considerate alla stregua di un vero difetto osseo, per la difficoltà di ottenere l’ancoraggio protesico. In altri casi il “difetto funzionale” é provocato dalle tecniche necessarie per la rimozione.

CLASSIFICAZIONE E TRATTAMENTO

Esistono in letteratura numerose classificazioni dei difetti ossei9,12 basate sulla distinzione in cavitari e segmentali, sulle dimensioni, sulla distribuzione topografica.
Si tratta di classificazioni certamente corrette, ma a prevalente indirizzo anatomo-patologico. Per essere di utilità sul piano pratico la valutazione dei difetti dovrebbe facilitare la pianificazione del reintervento.
D’altro canto il trattamento dei difetti ossei importanti può’ essere condotto secondo orientamenti diversi:
Utilizzo di trapianti omologhi massivi (teste femorali di banca o femore prossimale in toto da cadavere.)
Trapianti corpuscolati + stelo cementato
Steli “custom made” con sostituzione del difetto da parte del componente protesico stesso
Stelo ad ancoraggio diafisario con caratteristiche di elevata stabilita’ ed elasticità’ biocompatibile (Wagner).
Il nostro attuale indirizzo prevede l’ancoraggio diafisario, ma in accordo con un orientamento più generale, questo viene ricercato il più prossimale possibile2,25,26. Non utilizziamo mai trapianti massivi con funzioni di sostegno, ma esclusivamente a scopo biologico-riempitivo scelta peraltro condivisa dalla maggior parete degli autori.11,30,31 Negli ultimi due anni in luogo dei trapianti omologhi perfrigerati preferiamo utilizzare quelli sterilizzati in autoclave. I trapianti vengono preparati sotto forma di dischi spessi 6-8 mm e disposti in confezioni atte alla sterilizzazione che avviene attraverso tre o più passaggi.
Per quanto riguarda l’uso del cemento i dati della letteratura appaiono molto contrastanti,7,13,22 evidentemente in funzione delle tecniche utilizzate. La cementazione nei reinterventi, anche se in passato ha rappresentato uno strumento insostituibile, presenta al momento, a nostro giudizio, indicazioni mirate e selettive. (fig. 4)
L’esigenza di operare una distinzione nell’ambito dei reinterventi ci aveva condotto in passato a dividere le revisioni “semplici”, risolvibili solitamente con modelli per primo impianto, dalle revisioni “complesse” che richiedevano steli opportunamente disegnati o, quantomeno, derivati dai precedenti ma con stelo lungo in grado di by passare il difetto.1,23
Con il progredire dell’esperienza e potendo disporre di una gamma più vasta di modelli, ci é parso opportuno ampliare la classificazione cercando di non perdere di vista l’obiettivo: l’indicazione al tipo di impianto.
Su questa base abbiamo introdotto una classificazione in tre stadi che tiene conto del bone stock residuo soprattutto in senso funzionale. La classificazione è volta ad esprimere la possibilità di ancoraggio del nuovo stelo sulla base di specifici parametri: la qualità dell’osso residuo, la quantità, la topografia dell’eventuale difetto, e la presenza di un eventuale “difetto funzionale” programmato. Nel caso in cui la tecnica di rimozione dall’alto si riveli inadeguata o insufficiente si rendono infatti necessarie soluzioni aggiuntive (fissurazioni in senso prossimo-distale, fenestrazioni) o metodiche alternative (osteotomia del gran trocantere, accesso transfemorale secondo Wagner) che ovviamente provocano un difetto osseo in senso funzionale. Tab. II
Lo stadio uno prevede una buona qualità con minimo o nullo difetto osseo a localizzazione prossimale ed una tecnica di rimozione prevedibilmente economica.(fig. 5) Il trattamento potrà essere condotto ancora con una protesi standard.
Una qualità ossea che renda inadatta la zona prossimale all’utilizzo di una protesi standard definisce lo stadio 2. Un difetto cavitario e/o segmentale medio o grave ci consente di rimanere in questa classe, purché tale difetto sia contenuto entro 150 mm. dall’apice del gran trocantere.(fig. 6) Con lo stesso criterio collochiamo un eventuale difetto indotto per consentire la rimozione. Il trattamento dello stadio 2 comporta l’utilizzo di protesi specifiche per revisione a stelo corto o medio associate ad eventuali cerchiaggi. (fig. 7) La distanza di 150 mm costituisce evidentemente un valore di riferimento da non interpretare in modo assoluto,. Essa é stata introdotta in quanto impiantando un modello midstem, se il difetto é contenuto entro questo termine, otteniamo un ancoraggio “sicuro” per almeno 6-7 cm.28,29
Lo stadio 3. viene definito in base alla scarsa qualità ossea diffusa associata a difetti importanti con localizzazione oltre 150 mm. dall’apice del gran trocantere. Naturalmente anche una rimozione particolarmente indaginosa che ci costringa a causare un importante difetto funzionale appartiene allo stadio 3.(Fig. 8) Il trattamento presuppone l’uso di una protesi a stelo lungo in associazione quasi costante ad un cerchiaggio distale preventivo.(fig. 9) Nel caso dell’approccio transfemorale la scelta tra l’impiego di cerchiaggi prossimali oppure di semplici punti transossei viene valutata in base all’esigenza di mobilizzazione precoce del paziente.
L’impianto di modelli a stelo lungo andrebbe riservato allo stadio 3, oltre che per considerazioni di ordine biomeccanico, per ragioni connesse alla tecnica chirurgica. La presenza della procurvazione femorale complica infatti quasi costantemente l’introduzione di uno stelo retto di oltre 250 mm di lunghezza richiedendo l’impiego di tecniche particolari (osteotomia diafisaria circolare.

CONCLUSIONI

La tecnica da noi utilizzata sembra essere, almeno a medio termine molto soddisfacente, l’ottima risposta ossea endostale evidenziata radiograficamente suggerisce una perfetta osteointegrazione.(Fig.10) In conclusione riteniamo che il trattamento dei gravi difetti femorali possa essere affidato con buone possibilità di successo ad uno stelo non cementato che consegua un ancoraggio diafisario stabile, quindi in grado di neutralizzare la tendenza ad: affondamento, tilting varo valgo e rotazione. Il design deve essere tale da distribuire il carico in modo biomeccanicamente compatibile, ovvero ad una porzione di diafisi sufficiente ad impedire fenomeni di stress concentrazione (troncocono). Il titanio é il materiale di scelta in quanto tra i metalli è quello con modulo elastico più prossimo all’osso e con provate garanzie di osteointegrazione.19 Il conseguimento di un buon risultato é altresì favorito da una attenta pianificazione e dalla disponibilità di steli con diametri e lunghezze che coprano un ampio ventaglio di possibilità.

RIASSUNTO

Gli autori espongono alcune considerazioni di carattere generale derivate dalla loro diretta esperienza nel campo delle riprotesizzazioni.
Viene preso in esame il meccanismo di formazione dei difetti ossei femorali e si considera la possibilità di classificarli con particolare attenzione alla pianificazione del reintervento.
Nel caso di importanti difetti di bone stock, gli autori sostengono la validità del trattamento mediante lo stelo da revisione S.L. di Wagner. Si tratta di uno stelo non cementato in lega di titanio ad ancoraggio diafisario; le sue caratteristiche biomeccaniche consentono una elevata stabilità triplanare, un’elasticità “biocompatibile” ed un documentata capacità di osteointegrazione.